Che cos’è un’ attrice?
E’ un fremito, un sussurro, un palpito,
un silente raggio di luna che si posa sul cuore,
una carezza profumata,
l’essenza stessa di un sorriso,
una scala foderata di seta
che può condurre al Paradiso o all’Inferno,
la frase più importante di una poesia d’amore…
Questa è la dedica rivolta a ELENA BUCCI, una delle più grandi attrici italiane, nel momento in cui le viene offerta la “vela del successo” in cristallo lavorato a mano, simbolo del PREMIO IMOLA PER IL TEATRO. Palazzo Tozzoni era gremito di pubblico venerdì sera 18 luglio 2008 in occasione della finale del CONCORSO TEATRALE FEMMINILE LA PAROLA E IL GESTO. Il premio è stato consegnato com’è di rito, da Galavotti Valter Assessore alla cultura per il Comune di Imola, sponsor della manifestazione, insieme alla FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA, qui rappresentata dal prof. Evaristo Campomori .
Elena Bucci – ricorda Galavotti – ci ha accompagnato per anni in una serie di avventure davvero particolari: proprio in questo palazzo ha portato avanti un progetto che metteva in scena momenti di vita dei Tozzoni, con un lavoro di ricerca storia e bibliografica di grande interesse e spessore. Il primo anno con “L’albero della libertà”, in seguito alla venuta dei francesi a Imola; il secondo anno dedicato al primo viaggio avventuroso di alcuni membri della famiglia, su una corvetta militare; il terzo anno con una ricostruzione storica dell’ultima guerra che vide il palazzo adibito a rifugio; e infine l’ultima recente produzione in Rocca con “La favola del figlio ritrovato” di Pirandello. In tutti come spesso accade, Elena Bucci lavora a fianco di Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Marco Sgrosso. Elena possiede una forza drammaturgia incredibile – continua l’Assessore alla Cultura - e quando si coltivano talento, passione, studio si ottengono il successo e i risultati di questa grande attrice.
“La storia dei Tozzoni è stata una bellissima occasione per scrivere, prendendo spunto dai documenti per inventare una storia da rappresentare sul posto – ribadisce con nostalgia l’attrice”.
Il prof. Campomori, componente il Cda della FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA ha posto l’accento sulla necessità di coniugare risorse e passione per orientare i propri investimenti verso un’iniziativa piuttosto che un’altra. E il forte richiamo nazionale di questo concorso possiede tutte le premesse per rinnovare l’appoggio e la fiducia.
E’ un crescendo di anno in anno – afferma all’unisono il pubblico che ha seguito questa tredicesima edizione del concorso. Il livello di queste attrici crea perfino imbarazzo alla giuria tecnica che deve valutare ogni dettaglio per arrivare a definire le tre vincitrici.
Stravince FRANCESCA CECALA “per la padronanza e capacità di commistione dell’uso di corpo, voce, spazio, in funzione di un’originale lettura di un testo complesso al quale non sacrifica naturalezza e intensità”. Questa la motivazione redatta da Elena Bucci presidente di Giuria, di concerto con gli altri esperti. Francesca ha interpretato un personaggio maschile: Zorro, un senzatetto che se ne va per la sua città, riuscendo a mettere in risalto in modo stupefacente il testo della Mazzantini. Dietro la cura di ogni dettaglio, di ogni gesto, di ogni modulazione della voce, Francesca rivela una grande capacità scenica e un lavoro intenso sul personaggio.
Un grido di soddisfazione nella sfida coraggiosa di LUISA NOLI che ha guadagnato il secondo premio proponendo per la prima volta in pubblico una sua idea: “La cammuriata” ovvero i sentimenti contrastanti vissuti da una donna innamorata di un uomo che appartiene alla camorra. “Per la forza comunicativa ed emotiva, supportata dalla naturalezza nel passaggio dal registro tragico a quello comico, scivolando dal canto alla pausa, al gesto quasi danzato. Il tutto al servizio di un testo originale ed aperto” – cita .la motivazione del premio. Con una padronanza del dialetto napoletano Luisa ha usato sapientemente voce, corpo, intensità espressiva emozionando tutti.
Per la terza classificata ELISA MARINONI il premio va “alla raffinata abilità tecnica nell’uso di corpo, voce e movimento, in relazione al singolare testo scelto che, pur appartenendo alla tradizione, rivela attraverso la sua lettura, una sorprendente attualità emotiva.” Elisa ha utilizzato due lettere del romanzo epistolare di Verga “Storia di una capinera” – nel momento in cui la giovane siciliana obbligata a farsi suora, si lascia travolgere dalle proprie ossessioni. Un lavoro impegnativo costruito attraverso uno studio accurato dell’ambiente e della cultura siciliana ottocentesca. Molto efficace il canto piangente e il dosaggio dei momenti drammatici vissuti al presente, alternati a quelli del ricordo.
Per la giuria dei giovani qui rappresentata da Lucia Baroncini e Monica Donattini, è un onore essere sul palco per avere l’opportunità di indirizzare all’Ospite illustre alcune domande che nascono dalla grande passione condivisa per il teatro. Un doveroso richiamo allo sponsor che ha permesso la formazione di questa giuria finalizzata alla concessione di un premio per ogni serata, vale a dire la Coop.va C.E.S.I. di Imola.
- La prima richiesta rivolta a Elena Bucci è la seguente: “Qual è il tuo pensiero, il tuo sguardo su queste ragazze e su questo concorso?”. “Ho osservato queste giovani attrici con estrema attenzione – risponde Elena Bucci. Ho sempre avuto un’enorme paura del giudizio, tuttavia credo che rappresenti anche una molla importante. Il giudizio si basa su qualcosa che viene vissuto in quel momento e che è passibile di trasformazioni continue. Non esiste un pezzo che si sa, una parte che si sa fare: esiste un’intelaiatura di cose che uno cerca di costruire e poi, come un esperimento chimico, in quello stesso luogo, in quel momento vengo trasformati in maniera incredibile. La tecnica è una grande rete di sicurezza, però non basta. C’è una forma di rischio che è altamente emozionante ed ha una forma di generosità molto grande. Questa è la parte forte del nostro lavoro. Per delle ragazze giovani, in un mondo come questo con i modelli negativi dei media, avventurarsi in testi di questo genere, con la voglia di dire la propria anche in senso politico e civile, mi ha fatto veramente piacere e mi ha dato un’enorme fiducia. Dovervi votare è stata una tragedia. Poi ho usato il sistema del mio lavoro, cioè siamo qui e ora e accettiamo questa prova come gioco: il fatto che il risultato vada bene o male ha un valore relativo. Gli errori hanno continuato ad insegnarmi per anni. I fallimenti sono preziosi perché uno ritorna sul proprio lavoro per guardare bene cosa ha sbagliato. Le cose proposte questa sera spiegano un percorso individuale come sviluppo di sé.
E ancora, rivolgendosi all’Ospite i giovani desiderano approfondire il rapporto fra il personaggio che si porta in scena e la vita della persona che c’è dietro. Che cosa significa per te e per le giovani attrici entrare e uscire da un personaggio, cosa significa dare voce, corpo, passione a qualcosa che altri o gli stessi attori hanno scritto. Inoltre qual è stato il tuo percorso da interprete ad autrice?
“C’è una risposta per ogni attrice o attore. Il personaggio è una maschera in senso vivo, cioè non nasconde, ma rivela. Il personaggio è uno stato di coscienza diceva Leo De Berardinis. Tutti abbiamo dentro una molteplicità incredibile e affascinante, che mette in moto certi sentimenti e certe dinamiche che durano nel tempo. Il personaggio diventa anche una via di compensazione per le persone dotate di curiosità e di un desiderio di vivere più vite. Ho sempre letto e scritto molto, ma ultimamente penso che il teatro sia stato un tramite per fare leggere quello che scrivo. Il confronto con la pagina scritta, pensandolo pubblico, era tragico per me, così ho iniziato con l’improvvisazione, dietro la quale c’è molta scrittura e molto pensiero. Da qui nasce la sintesi drammaturgica in diretta, per andare a riscrivere, ascoltare la propria voce e vedere la propria immagine, per capire che tipo di processo avviene proprio nei confronti della drammaturgia. Ho capito quanto sia importante il rapporto fra il drammaturgo e la scena. Ho usato con me stessa semplicemente lo stesso procedimento di Shakespeare, Molière, Pirandello, ossia scrivere per il teatro guardando gli attori. Era un processo continuo a due sensi e questo lo abbiamo un po’ perso.
Poi è l’Ospite a fare una domanda alle finaliste: “Come vi sentite ad essere votate?”. Risponde per tutte Luisa Noli: “ Malissimo! E’ una cosa che mi terrorizza: non mi succede così prima di uno spettacolo, dove c’è la carica, l’emozione e soprattutto l’esserci, che è fondamentale perché ogni momento è vissuto davvero. Replica Laura Bandelloni che fa parte di un gruppo: “noi abbiamo già partecipato anche ad altri concorsi. L’idea che tu scegli un pezzo, ci trovi la tua motivazione, e per questo sei giudicato da persone competenti, è emozionante, una bella esperienza.
A difesa di tutte le attrici, Elena Bucci conclude: dobbiamo sottolineare che essere attrici è soprattutto un mestiere dietro al quale c’è studio, pensiero, lavoro, passione.
E’ un fremito, un sussurro, un palpito,
un silente raggio di luna che si posa sul cuore,
una carezza profumata,
l’essenza stessa di un sorriso,
una scala foderata di seta
che può condurre al Paradiso o all’Inferno,
la frase più importante di una poesia d’amore…
Questa è la dedica rivolta a ELENA BUCCI, una delle più grandi attrici italiane, nel momento in cui le viene offerta la “vela del successo” in cristallo lavorato a mano, simbolo del PREMIO IMOLA PER IL TEATRO. Palazzo Tozzoni era gremito di pubblico venerdì sera 18 luglio 2008 in occasione della finale del CONCORSO TEATRALE FEMMINILE LA PAROLA E IL GESTO. Il premio è stato consegnato com’è di rito, da Galavotti Valter Assessore alla cultura per il Comune di Imola, sponsor della manifestazione, insieme alla FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA, qui rappresentata dal prof. Evaristo Campomori .
Elena Bucci – ricorda Galavotti – ci ha accompagnato per anni in una serie di avventure davvero particolari: proprio in questo palazzo ha portato avanti un progetto che metteva in scena momenti di vita dei Tozzoni, con un lavoro di ricerca storia e bibliografica di grande interesse e spessore. Il primo anno con “L’albero della libertà”, in seguito alla venuta dei francesi a Imola; il secondo anno dedicato al primo viaggio avventuroso di alcuni membri della famiglia, su una corvetta militare; il terzo anno con una ricostruzione storica dell’ultima guerra che vide il palazzo adibito a rifugio; e infine l’ultima recente produzione in Rocca con “La favola del figlio ritrovato” di Pirandello. In tutti come spesso accade, Elena Bucci lavora a fianco di Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Marco Sgrosso. Elena possiede una forza drammaturgia incredibile – continua l’Assessore alla Cultura - e quando si coltivano talento, passione, studio si ottengono il successo e i risultati di questa grande attrice.
“La storia dei Tozzoni è stata una bellissima occasione per scrivere, prendendo spunto dai documenti per inventare una storia da rappresentare sul posto – ribadisce con nostalgia l’attrice”.
Il prof. Campomori, componente il Cda della FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI IMOLA ha posto l’accento sulla necessità di coniugare risorse e passione per orientare i propri investimenti verso un’iniziativa piuttosto che un’altra. E il forte richiamo nazionale di questo concorso possiede tutte le premesse per rinnovare l’appoggio e la fiducia.
E’ un crescendo di anno in anno – afferma all’unisono il pubblico che ha seguito questa tredicesima edizione del concorso. Il livello di queste attrici crea perfino imbarazzo alla giuria tecnica che deve valutare ogni dettaglio per arrivare a definire le tre vincitrici.
Stravince FRANCESCA CECALA “per la padronanza e capacità di commistione dell’uso di corpo, voce, spazio, in funzione di un’originale lettura di un testo complesso al quale non sacrifica naturalezza e intensità”. Questa la motivazione redatta da Elena Bucci presidente di Giuria, di concerto con gli altri esperti. Francesca ha interpretato un personaggio maschile: Zorro, un senzatetto che se ne va per la sua città, riuscendo a mettere in risalto in modo stupefacente il testo della Mazzantini. Dietro la cura di ogni dettaglio, di ogni gesto, di ogni modulazione della voce, Francesca rivela una grande capacità scenica e un lavoro intenso sul personaggio.
Un grido di soddisfazione nella sfida coraggiosa di LUISA NOLI che ha guadagnato il secondo premio proponendo per la prima volta in pubblico una sua idea: “La cammuriata” ovvero i sentimenti contrastanti vissuti da una donna innamorata di un uomo che appartiene alla camorra. “Per la forza comunicativa ed emotiva, supportata dalla naturalezza nel passaggio dal registro tragico a quello comico, scivolando dal canto alla pausa, al gesto quasi danzato. Il tutto al servizio di un testo originale ed aperto” – cita .la motivazione del premio. Con una padronanza del dialetto napoletano Luisa ha usato sapientemente voce, corpo, intensità espressiva emozionando tutti.
Per la terza classificata ELISA MARINONI il premio va “alla raffinata abilità tecnica nell’uso di corpo, voce e movimento, in relazione al singolare testo scelto che, pur appartenendo alla tradizione, rivela attraverso la sua lettura, una sorprendente attualità emotiva.” Elisa ha utilizzato due lettere del romanzo epistolare di Verga “Storia di una capinera” – nel momento in cui la giovane siciliana obbligata a farsi suora, si lascia travolgere dalle proprie ossessioni. Un lavoro impegnativo costruito attraverso uno studio accurato dell’ambiente e della cultura siciliana ottocentesca. Molto efficace il canto piangente e il dosaggio dei momenti drammatici vissuti al presente, alternati a quelli del ricordo.
Per la giuria dei giovani qui rappresentata da Lucia Baroncini e Monica Donattini, è un onore essere sul palco per avere l’opportunità di indirizzare all’Ospite illustre alcune domande che nascono dalla grande passione condivisa per il teatro. Un doveroso richiamo allo sponsor che ha permesso la formazione di questa giuria finalizzata alla concessione di un premio per ogni serata, vale a dire la Coop.va C.E.S.I. di Imola.
- La prima richiesta rivolta a Elena Bucci è la seguente: “Qual è il tuo pensiero, il tuo sguardo su queste ragazze e su questo concorso?”. “Ho osservato queste giovani attrici con estrema attenzione – risponde Elena Bucci. Ho sempre avuto un’enorme paura del giudizio, tuttavia credo che rappresenti anche una molla importante. Il giudizio si basa su qualcosa che viene vissuto in quel momento e che è passibile di trasformazioni continue. Non esiste un pezzo che si sa, una parte che si sa fare: esiste un’intelaiatura di cose che uno cerca di costruire e poi, come un esperimento chimico, in quello stesso luogo, in quel momento vengo trasformati in maniera incredibile. La tecnica è una grande rete di sicurezza, però non basta. C’è una forma di rischio che è altamente emozionante ed ha una forma di generosità molto grande. Questa è la parte forte del nostro lavoro. Per delle ragazze giovani, in un mondo come questo con i modelli negativi dei media, avventurarsi in testi di questo genere, con la voglia di dire la propria anche in senso politico e civile, mi ha fatto veramente piacere e mi ha dato un’enorme fiducia. Dovervi votare è stata una tragedia. Poi ho usato il sistema del mio lavoro, cioè siamo qui e ora e accettiamo questa prova come gioco: il fatto che il risultato vada bene o male ha un valore relativo. Gli errori hanno continuato ad insegnarmi per anni. I fallimenti sono preziosi perché uno ritorna sul proprio lavoro per guardare bene cosa ha sbagliato. Le cose proposte questa sera spiegano un percorso individuale come sviluppo di sé.
E ancora, rivolgendosi all’Ospite i giovani desiderano approfondire il rapporto fra il personaggio che si porta in scena e la vita della persona che c’è dietro. Che cosa significa per te e per le giovani attrici entrare e uscire da un personaggio, cosa significa dare voce, corpo, passione a qualcosa che altri o gli stessi attori hanno scritto. Inoltre qual è stato il tuo percorso da interprete ad autrice?
“C’è una risposta per ogni attrice o attore. Il personaggio è una maschera in senso vivo, cioè non nasconde, ma rivela. Il personaggio è uno stato di coscienza diceva Leo De Berardinis. Tutti abbiamo dentro una molteplicità incredibile e affascinante, che mette in moto certi sentimenti e certe dinamiche che durano nel tempo. Il personaggio diventa anche una via di compensazione per le persone dotate di curiosità e di un desiderio di vivere più vite. Ho sempre letto e scritto molto, ma ultimamente penso che il teatro sia stato un tramite per fare leggere quello che scrivo. Il confronto con la pagina scritta, pensandolo pubblico, era tragico per me, così ho iniziato con l’improvvisazione, dietro la quale c’è molta scrittura e molto pensiero. Da qui nasce la sintesi drammaturgica in diretta, per andare a riscrivere, ascoltare la propria voce e vedere la propria immagine, per capire che tipo di processo avviene proprio nei confronti della drammaturgia. Ho capito quanto sia importante il rapporto fra il drammaturgo e la scena. Ho usato con me stessa semplicemente lo stesso procedimento di Shakespeare, Molière, Pirandello, ossia scrivere per il teatro guardando gli attori. Era un processo continuo a due sensi e questo lo abbiamo un po’ perso.
Poi è l’Ospite a fare una domanda alle finaliste: “Come vi sentite ad essere votate?”. Risponde per tutte Luisa Noli: “ Malissimo! E’ una cosa che mi terrorizza: non mi succede così prima di uno spettacolo, dove c’è la carica, l’emozione e soprattutto l’esserci, che è fondamentale perché ogni momento è vissuto davvero. Replica Laura Bandelloni che fa parte di un gruppo: “noi abbiamo già partecipato anche ad altri concorsi. L’idea che tu scegli un pezzo, ci trovi la tua motivazione, e per questo sei giudicato da persone competenti, è emozionante, una bella esperienza.
A difesa di tutte le attrici, Elena Bucci conclude: dobbiamo sottolineare che essere attrici è soprattutto un mestiere dietro al quale c’è studio, pensiero, lavoro, passione.